giovedì 23 febbraio 2012

Perché i fittoni resinati muovono e come evitarlo



A volte capita di sentir dire che in alcune falesie degli ancoraggi muovano, perché questo succede?
Piazzare un fittone resinato non è cosa semplice, difatti dopo aver fatto il buco nella roccia assicurandosi preventivamente che sia sana e non fessurata è necessario introdurre nel foro un certa quantità di resina e poi successivamente il fittone.
La resina, tramite una reazione chimica (polimerizzazione) data dal miscelamento dell’oligomero e dell’agente reticolante, porterà alla solidificazione della stessa e quindi al fissaggio del fittone nella roccia. Il procedimento seppur fatto a regola d’arte può portare ugualmente ad una mal riuscita del lavoro. Perché?
Gioca un ruolo fondamentale il tipo di roccia e il tipo di resina utilizzata, difatti a seconda della resina usata cambiano alcune caratteristiche tra cui, le più importanti, la variazione di volume durante la polimerizzazione (indurimento) e la polimerizzazione in ambiente umido.
Le resine in poliestere, spesso utilizzate perché meno costose e a presa più rapida, purtroppo durante il veloce indurimento diminuiscono di volume e quindi non fanno bene presa sulla roccia. La diminuzione di volume, unita all’alta velocità di polimerizzazione inoltre porta ad una microfessurazione della superficie che diminuisce notevolmente la resistenza alla torsione (fittoni che girano).
Le prove in laboratorio delle varie resine, inoltre, sono effettuate in ambienti preparati alla perfezione e con lunghezze di infissioni tali che comportano sempre la rottura dell’acciaio; i valori riportati nelle schede tecniche si riferiscono al sistema “resina+tassello” e se il punto debole è il tassello i risultati sono per lo più uguali tra epossidica o poliestere, questo induce un errore in fase di acquisto prediligendo ovviamente quella più economica.
In realtà la forza di adesione della resina epossidica (o epossi-acrilica) è maggiore di quella in poliestere, tanto è vero che molti produttori catalogano le prime resine come “ancoranti pesanti” e le seconde come “ancoranti medi”.
C’è poi un aspetto da non trascurare: dal punto di vista della resistenza, il vantaggio del sistema di ancoraggio chimico resina+tassello rispetto al chiodo ad espansione è che il primo distribuisce le tensioni in maniera quasi uniforme lungo il gambo del chiodo. Questo vale per sforzi di trazione e di taglio.
Se il chiodo però non è infisso con l’occhiolo bene a contatto con la roccia sul fittone compare anche una forza flettente. In pratica un effetto leva che fa sì che parti del chiodo (e della resina) siano tese e altre parti siano compresse. Ciò compromette il vantaggio iniziale e fa capire perché è importante che all’atto della foratura si debba creare un “alloggiamento” per fare in modo che l’occhiolo penetri un pochino nella roccia.
In conclusione per piazzare un ancoraggio chimico sarebbe consigliato utilizzare resina epossidica (o epossi-acrilica) sia perché ha una tenuta più alta essendo classificata dal molti produttori per “ancoranti pesanti” sia perché il maggior tempo di indurimento evita la microfessurazione favorendone la resistenza alla torsione.

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